Cosa succede dopo il primo attacco
Spesso il primo attacco viene preso come un problema di natura fisica, si presenta in genere leggero e di breve durata: tachicardia, affanno, vertigini o sudorazione eccessiva, pianto, dolore emotivo, dolore al petto.
Il problema inizia quando si verifica un secondo attacco: la persona prende coscienza di quanto è accaduto e della sua gravità ed inizia a temere che possa accadere di nuovo.
Questa paura spesso porta la persona ad auto monitorarsi per controllare se e quando iniziano i sintomi che preludono ad un attacco successivo.
Questa attenzione focalizzata porta a confondere le sensazioni fisiche che normalmente accadono durante la giornata come preannunciatrici di un prossimo attacco.
Tutti noi, durante la giornata, abbiamo una serie di variazioni neurofisiologiche normali a cui normalmente non ci facciamo caso:
sbalzi di pressione, una leggera tachicardia, un accelerazione del battito cardiaco, un abbassamento di pressione, a volte anche un semplice capogiro che dura pochi secondi, uno stato ansioso legato a motivi e/o preoccupazioni momentanee e comunque giustificabili di tale stato, ecc.
Tutto questo fa parte della normalità ma, nel momento in cui si teme di poter avere un attacco di panico, l’attenzione si focalizza su ogni minima variazione delle sensazioni fisiche ed emotive. Questa attenzione eccessiva porta a diventare consapevoli di sensazioni a cui normalmente non ci avremmo fatto caso, diventando il falso segnale di allarme di un prossimo attacco di panico. L’ansia e la paura crescono e questo fa si che quei sintomi normali iniziano ad aumentare fomentando a loro volta la paura di viversi l’approssimarsi di un prossimo attacco. L’ansia cresce incontrollata in questo circolo vizioso fino a sfociare realmente in un attacco di panico.
Dopo i primi attacchi, che spesso avvengono senza alcun motivo e non legati ad un luogo specifico, le persone, oltre a monitorarsi iniziano a far caso a quelle che potrebbero essere le cause scatenanti creandosi delle regole in base a tali loro teorie.
Ad esempio, notano che avvengono maggiormente la sera, in luoghi aperti, in luoghi in cui non c’è una via d’uscita, ecc. Per cui iniziano ad evitare tutte quelle situazioni che, secondo la loro esperienza, possono essere cause scatenanti.
A volte questo, nel tempo, riduce gli spazi delle persone che iniziano ad uscire solo in alcuni orari o solo se accompagnate o solo in posti in cui possono chiedere aiuto, ecc.
Questo limitare gli spazi, nei casi più gravi, può portare persino a non uscire più di casa, neanche se accompagnati da qualcuno, rendendo sempre più ristretto il proprio spazio vitale.
Cosa fare ai primi sintomi:
- Pensare che dureranno solo pochi minuti, anche se sembreranno interminabili.
- Che non si tratta di problematiche fisiche come, ad esempio, di un infarto in atto o di essere in procinto di svenire.
- Evitare di pensare di perdere il controllo e di impazzire, è solo una sensazione, anche se terribile, che dura pochi minuti.
- Evitare successivamente di monitorare ogni singola sensazione fisica in attesa del prossimo attacco.
- Evitare di crearsi teorie sui possibili motivi esterni che possono generare l’attacco, il problema è di tipo psicologico e quasi sempre non ci sono cause esterne scatenanti.
- Chiedere subito un aiuto psicologico, non aspettare che il problema peggiori, più tempo passa e più lungo sarà il trattamento.
- Se i sintomi sono particolarmente forti e invalidanti rivolgersi ad uno psichiatra per un temporaneo trattamento farmacologico: i motivi psicologici sottostanti vanno comunque sempre indagati e risolti.
- Non colpevolizzarsi né farsi colpevolizzare: la sola forza di volontà non è sufficiente. Gli altri non hanno la minima idea dell’inferno che state passando.
- Non c’è mai stato un caso registrato di morte per un attacco di panico.
Perché vengono gli attacchi di panico
Nonostante sia un’esperienza terribile, bisogna considerare che l’attacco di panico è il modo estremo del nostro inconscio per comunicarci che qualcosa nella nostra vita deve cambiare.
Normalmente il nostro inconscio cerca di comunicarci in vari modi che ci sono delle cose nella nostra vita che devono cambiare, ma spesso ignoriamo o suoi segnali.
L’attacco di panico è il modo estremo dell’inconscio di parlarci dopo aver tentato più volte: ora mi devi ascoltare!
Cosa dobbiamo cambiare?
Normalmente sono cambiamenti difficili, scelte non facili da prendere, se così non fosse l’avremmo già fatto.
Di quali cambiamenti si tratta?
Modi di essere:
- Troppo accondiscendenti
- Troppo pessimisti
- Non affermare se stessi, ciò che si pensa o ciò che si è
- Non prendersi cura di sé e delle proprie esigenze
- Non prendersi cura dei propri sogni e desideri
- Essere rinunciatari rispetto alla vita
- Pensare di non valere niente
- Rendersi conto che questa non è la vita che si desiderava vivere
Problemi relazionali:
- Non essere capaci di dire NO
- Essere troppo servizievoli
- Mettere i bisogni degli altri, sempre, davanti alle proprie esigenze
- Farsi umiliare
- Prendersi troppi carichi
- Non riuscire a mettere dei limiti alle richieste degli altri
- Farsi invadere
- Vivere un rapporto che ci fa male
- Una relazione che non funziona, o non funziona più
Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il nostro inconscio ci costringe a fare i conti con noi stessi e con la vita. Sono tutte scelte non facili, ma gli attacchi di panico sono lì per dirci che è giunto il momento di farci i conti e di decidere di cambiare.
Comprendere i motivi che sono alla base non è semplice e spesso è difficile comprenderli da soli. Per questo normalmente c’è bisogno di un aiuto esterno che ci permetta di cogliere i motivi profondi sottostanti.
Se sono lì è perché c’è una parte di noi che non vuole vederli, il cambiamento spaventa e spesso ci accontentiamo di vivere una vita mediocre pur di non trovare il coraggio di cambiarla.